Il selfie delle principesse
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Disney+ vuole i tuoi contenuti

Testi, immagini, video e audio. I contenuti generati dagli utenti potrebbero finire su Disney+

L’altro giorno stavo spulciando le condizioni d’uso di Disney+ e qualcosa ha attirato la mia curiosità.

In particolare il primo paragrafo del punto 3.
Si chiamano Contenuti generati dall’utente, più noti all’estero come user-generated content o UGC. Ma andiamo per ordine.

Cosa sono gli User-Generated content

Per contenuto generato dagli utenti si intende qualunque tipo di contenuto multimediale presente sulla rete e creato dagli utenti. Articoli su blog, foto e stati sui social network, tweet, podcast… insomma testi, immagini, video e audio caricati da qualunque dispositivo e messo su internet a disposizione di altri utenti.

Vengono creati da persone che non sono né dipendenti né affiliati. Sono creati spontaneamente e contribuiscono alla crescita della credibilità della singola azienda, che non deve nemmeno pagare nessuno per realizzarli.

In generale sono da ritenersi contenuti correlati al brand (che sia Facebook o in questo caso la Disney) che ne detiene la proprietà finale.

Cosa c’entra Disney+

Il paragrafo in questione inizia così:

I Servizi Disney possono consentire all’utente di comunicare, inviare, caricare o rendere disponibili in altro modo testi, immagini, contenuti audio e video, iscrizioni a concorsi o altro genere di contenuti (i “Contenuti generati dall’utente”), accessibili e visibili da parte del pubblico. L’accesso a queste funzionalità può essere soggetto a restrizioni di età.

Da utente abbastanza navigato la prima domanda che mi sono posto non è stata “perchè” ma “se esiste un precedente.”

Ho fatto quello che avrebbero fatto tutti. Ho cercato su Google e non ne parlava nessuno. Quindi sono andato a dare un occhio ai termini e condizioni d’utilizzo di Netflix ma soprattutto a quelli di Prime Video. Perché parliamoci chiaro, Netflix è un colosso dello streaming ma Amazon, che ha le mani in più paste, più avrebbe potuto prevedere un’evoluzione futura del suo servizio e stilare un documento omnicomprensivo che la tutelasse anche in questo senso.

Risultato: nessun precedente. Disney è la prima azienda in questo settore a volere i nostri contenuti. E questo già di per sé è una notizia.

La politica Disney

Il fatto che il documento sia datato può sembrare sminuire la cosa.
In realtà ci dice molto di più su quella che è la policy di una enorme multinazionale come la Walt Disney Company e su quanto non sia nuova a operazioni del genere.

Nel lontano 2010 i loro canali social fecero registrare un repentino aumento degli iscritti grazie al lancio del sito DisneyParks.com/Memories, ora chiuso, il cui unico scopo era quello di mostrare foto, video e altri contenuti generati da visitatori e fan dei loro parchi di divertimento.

All’epoca era avveniristico. Oggi, si sa, per quanto non facilmente controllabile non esiste miglior campagna pubblicitaria del tam tam che si crea tra consumatori soddisfatti. Quale miglior testimonial!

Messa così fa addirittura sorridere la notizia di questi giorni: Robert Iger, l’uomo che ha rivitalizzato la Disney negli ultimi 15 anni, ha lasciato il ruolo di amministratore delegato a Bob Chapek, l’uomo dei parchi.

Se puoi sognarlo puoi farlo

Così recita un famoso aforisma attribuito a Walt Disney.
Ora, volendo analizzare il tutto con i piedi per terra dobbiamo dire anche che il tutto potrebbe essere ridotto a qualche recensione degli utenti sotto i titoli disponibili nel catalogo di Disney+.

Ma sarebbe ingenuo non pensare che mentre noi stiamo qui a parlarne qualcuno, alla Disney, sta sta studiando modi sempre più innovativi di alimentare (e capitalizzare) la voglia degli utenti di sentirsi parte integrante di una community attraverso la creazione di tutti quei contenuti multimediali.

Non sarà oggi. Forse non domani. Ma come spesso succede quando si tratta dell’azienda dalle grandi orecchie tonde, l’unico limite è l’immaginazione.

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